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San Marco

“Si chiamava San Marco, ma non era chiesa, era la prua del paese. Quello che in una nave è il castello di prora lì era San Marco. Fa da spartiacque la punta del castello di prora, era uno spartispazio la punta di quel paese. In basso, di fronte alla punta dove la valle risalendo faceva gobba, una monumentale villa… Di lì lo spazio pareva tutt’uno, ma bastava prendere per le Mura verso San Francesco o verso la Porta di Testa, che lo spazio era diviso, diventava: verso il mare, o verso i monti.

 La polena di quella prua era la Torre di San Marco, per me oramai di San Michele, così bella vista nei suoi quattro lati esterni che la fanno parere intera, così paurosa vista nel suo interno attraverso i due lati crollati, di dove la vedevo io nell’immenso spazio di quell’orto… San Marco, punta della prua, era un triangolo di terra dove era solo l’erba che ci cresceva da sola e intorno, come al limite del dirupo, una bassissima siepe di qualcosa che non cresceva… Nel mezzo del triangolo era quella guglia di mattoni alta come un obelisco.

Dolores Prato, Giù la Piazza non c’è nessuno

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