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Chiesa di San Michele Arcangelo (prima metà XIX sec.)

Situata in area suburbana, lungo la strada che collega la città a Tolentino, nell’antico podere dei Collio, la chiesa di San Michele venne distrutta dai frequenti terremoti del XVIII sec. ed in seguito ricostruita nelle attuali forme per ordine di Giovan Battista Collio e sua devozione verso il Santo. Dalla pianta topografica del catasto gregoriano dei primi dell’800 si rileva il preesistente volume, di maggiori dimensioni rispetto all’attuale, di forma longitudinale, accostato alla strada lungo la sua parete laterale, con ingresso ad ovest e probabilmente abside ad est. L’erede conte Severino Servanzi Collio decise di ricostruire la chiesa riducendone le dimensioni, fece eseguire il progetto all’architetto Ireneo Aleandri, che la ideò come un piccolo tempietto; l’opera venne completata verso il 1832.

La scelta della pianta a forma di croce greca permise di aprire all’interno quattro distinti spazi intorno all’area centrale, innalzata dal tamburo ottagonale; così da contraporre in asse al vestibolo, la nicchia absidata con l’unico altare. All’esterno l’articolata volumetria dei quattro bracci in mattoni muniti alle estremità da aperture lunettate e ad occhio nei setti murari di raccordo, coperta da piccole falde in coppi, suggerisce chiaramente la spazialità cruciforme interna. Si riporta di seguito l’accurata descrizione architettonica che ne diede il suo committente Severino Servanzio Collio in un suo scritto intitolato Culto antico dei Settempedani verso l’Arcangelo S. Michele provato con monumenti : «Si erge l’edificio su di una pianta, che presenta la forma di Croce greca tanto all’interno che all’esterno. Il centro o maschio della Croce è un quadrato scantonato agli angoli, che assume la figura di ottagono irregolare di quattro lati maggiori, e quattro minori. Ai lati maggiori hanno origine i quattro bracci della Croce, uno de’ i quali serve come di pronao al Tempio, ed il corrispondente opposto forma il Presbiterio, e Cappella con altare. Gli altri due bracci mentre servono all’uso di sagrestie, fanno anche parte del tempio, trovandosi chiuse soltanto fino all’imposta delle volticelle a botte dei bracci medesimi, e loro Archi, che con li quattro pennacchi agli angoli scantonati sorreggono la calotta del maschio suddetto. L’esteriore presenta quattro eguali ed euritmici prospetti, dove primeggia il medio maschio elevato sopra li quattro avancorpi dei bracci della Croce, le linee modinate de’ quali ricorrendo uniformemente in giro, viensi a formare sopra a ciascuno un corrispondente fastigio…». La pala d’altare conservava, prima di essere venduta, la fedele copia del S.Michele di Guido Reni, realizzata dal sanseverinate Lucio Tognacci. L’arma dei Collio appoggiata sopra il portale fu intagliata dal Bigioli. Recentemente la chiesa è stata ceduta dagli eredi dei Collio al Comune.

arch. Debora Bravi

Bibliografia
S. SERVANZI COLLIO, Culto antico dei Settempedani verso l’Arcangelo S. Michele provato con monumenti, Macerata, 1836.

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