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Castello degli Aliforni (Castrum Alifurni) XII sec.

Notizie storiche

Deriva probabilmente il suo nome da Calfurnius, nome romano inciso su una lapide trovata a Palazzata. Si fa risalire al secolo XII, costruito a guardia della valle di S.Clemente. Fu venduto al nostro comune da Guglielmo Vescovo di Camerino con atto il 17 gennaio 1257 per 600 lire ravennate ed anconetane. Fu teatro delle contese che nel sec. XV gli Smeducci ebbero con Apiro. Semidistrutto nel 1409 dalle truppe del rettore della Marca che voleva ridurre San Severino all’obbedienza della chiesa. Nel 1426 fu una delle roccheforti di Smeduccio e Apollonio, figli di Antonio Smeducci, signore di San Severino. Smeduccio, asserragliato nel castello dovette cedere dopo un lungo assedio, fatto prigioniero fu rinchiuso nella fortezza di Castel S.Angelo a Roma. Nel 1955 furono eseguiti i lavori di consolidamento, in seguito al terremoto del 1951, ricostruendo l’angolo sud-est della torre, che era crollato. I lavori non vennero completati eseguite sottofondazioni e rinforzi in c.a. e stuccatura delle connessure. I lavori verranno conclusi il 28.08.81. Alcune delle mensole terminali della torre cadute furono recuperate dal parroco della chiesa, e furono ricollocate alla sommità. Rifacimento della volta terminale della copertura in mattoni. Allestimento di centinatura in legno. Cordolo perimetrale in sommità legante mescolato ad inerti di grana grossa con brecciolino reperibile sul posto.

Descrizione architettonica

Il circuito di forma elissoidale ha un perimetro lungo circa 240 m, con altezza massima delle cortine murarie fino a 10 m, costruito come gli altri edifici del luogo in pietra arenaria di provenienza locale. La torre è alta 22 m., ha poche feritoie e una posterula per l’accesso, pianta quadrata di 6,5 m e muri di spessore 1,7 m. La sommità era sorretta da 24 beccatelli, 6 per lato che sostenevano la piattaforma merlata alta cinque metri ora completamente distrutta, l’interno diviso in tre solai. La porta che immetteva al circuito era situata sul lato orientale, ora completamente distrutta. Particolare attenzione suscitano gli abbeveratoi situati accanto alla torre, scavati nella roccia e così le pareti dello scoglio di affioramento che costituiscono parti delle murature dell’abitato centrale al circuito, e che riportano anch’esse le nicchie probabilmente utilizzate per l’alloggiamento della travatura, oltre basse porte ad archi ogivali in pietra arenaria. Un fossato ora riempito circondava le mura. I resti delle cortine, in parte a scarpata e verticali , alte ca. dieci metri, sono quelle che guardano ad occidente. Esse avevano nella parte superiore il parapetto probabilmente rivestito di merli su sporto di beccatelli che qua e la sono ancora visibili, fra i quali si esercitava certamente la difesa, con retrostante cammino di ronda. La porta che immetteva nel castello era dalla parte del circuito orientale, ora del tutto distrutto, ma di cui rimangono le scarpate; essa non era situata direttamente nella cinta, ma orientata a sud, a lato di una lunga sporgenza del muro stesso.

arch. Debora Bravi

Bibliografia

Mauro M., Castelli, rocche, torri, cinte fortificate delle Marche, voll. I e III, Macerata 1996, pp.38-43.

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