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Abazia di Sant’Urbano

Note storiche

Questa abbazia viene ricordata una prima volta nel 1033 in un documento che parla di una convenzione tra il suo abate Gisberto e quello di San Vittore alle Chiuse, Attone: essendo nominata come un’abbazia già importante in quegli anni, possiamo dedurne che la sua origine risalga almeno a qualche decennio prima del mille. Ebbe un certo potere su tutta la vallata ed estese la sua giurisdizione su quindici chiese della zona e su alcuni castelli, ma conobbe raramente la tranquillità per i continui contrasti con il vicino e forte comune di Apiro. Fu per questo motivo che nel corso del XIII secolo più volte l’abbazia si trovò costretta a sottomettersi al più grande comune di Jesi, per riceverne in cambio protezione e riconoscimenti. Durante uno degli scontri con le bande armate apiresi la chiesa originaria venne in gran parte bruciata. Dopo la metà del XIII secolo, grazie appunto all’intervento del comune di Jesi, cominciò un lungo periodo di pace e la chiesa venne rinnovata e ampliata. All’inizio del XV secolo iniziò la sua decadenza, che la spinse nel 1442 a unirsi all’abbazia di Valdicastro, col benestare del papa Eugenio IV. Da allora i camaldolesi ressero l’abbazia fino al 1810: in quell’anno divenne proprietà privata.

Architettura

L’edificio attuale è il risultato della ricostruzione avvenuta nel XIII secolo. E’ costruito in blocchetti di pietra e l’elemento maggiormente rilevante all’esterno è il complesso absidale, composto da una grande abside semicircolare centrale e da due laterali più piccole, anch’esse semicircolari; sulla maggiore si aprono tre monofore con un forte strombo, le minori ne presentano solo una; tutte e tre sono animate da una decorazione a semi colonnine e ad archetti pensili, in più l’abside centrale presenta, sotto la gronda, una fascia di pietra a dentelli. In basso si aprono invece le fessure che danno luce alla cripta. Il motivo degli archetti pensili e delle colonnine si ritrova lungo il fianco sinistro, sul quale sono stati aggiunti, successivamente, dei contrafforti di consolidamento. Il corpo della navata centrale, più alto, è mosso da lesene e si alza ancora di più in corrispondenza del presbiterio. Le aperture sono tutte tipicamente romaniche. Il portale d’ingresso è di modeste dimensioni e presenta semplici archivolti a pieno centro che poggiano su pilastrini e colonnine con capitelli scolpiti. Il portale immette nell’atrio, a pianta quadrata e coperto a crociera, più alto di otto gradini dello spazio riservato ai fedeli. Questa zona anteriore della chiesa è infatti nettamente separata, per mezzo di un muro trasversale, dal presbiterio riservato ai monaci, a tre navate, di cui le laterali sono distinte in due campate coperte a crociera e illuminate da monofore romaniche, mentre la centrale è coperta da una volta a botte più alta e a ogiva (come quella che troviamo a S. Maria delle Moie), sostenuta da un arco dello stesso sesto. La scansione spaziale in navate è definita da massicci pilastri a pianta quadrangolare, sui quali poggiano archi trasversi a tutto sesto. Il muro trasversale tra questo spazio e il presbiterio costituisce una specie di iconostasi, (struttura divisoria tipica delle chiese di rito greco ortodosso) oggi rara e molto interessante perché costituiva, nell’antichità, la materializzazione della divisione che doveva esistere tra il mondo dei monaci, che pregavano e meditavano e i fedeli che potevano assistere solo da lontano al rito religioso. Su questo muro, a sinistra, sporge un semplice ambone nel quale, in basso, si apre l’ingresso alla cripta; più a destra, sotto una fascia ornamentale ad archetti intrecciati c’è lo stretto passaggio per il presbiterio; in alto si aprono invece due grandi arcate ogivali. Il presbiterio è molto ampio, potrebbe costituire una chiesa a sé, e ripete lo stesso tipo di scansione spaziale del corpo anteriore: da notare che l’abside, eccezionalmente, è decorata anche all’interno con colonnine e archetti pensili. In corrispondenza delle tre navate della tribuna (o presbiterio), nel seminterrato al di sotto di essa troviamo gli ambienti della cripta; i due laterali sono separati da quello centrale da pareti piene e si concludono con due piccole absidi, lo spazio centrale è a sua volta ripartito in tre navatelle da due file di colonnine cilindriche o variamente poligonali sormontate da capitelli. L’altare, posto davanti alla piccola abside della cripta, risale al 1140, mentre la statua di S. Urbano è molto recente.

Scultura

La chiesa e il presbiterio presentano capitelli da semipilastro e pietre di imposta scolpiti, nonché elementi decorativi (fregio e archetti a cornice), molto interessanti dal punto di vista dei motivi ornamentali e dei soggetti iconografici. Abbondano scene di combattimento e di caccia, figure di animali fantastici, affrontati e isolati, desunti dal repertorio dei bestiari medievali, animali simbolici come il pesce, i delfini, il gallo, e apparati decorativi di ascendenza altomedievale ripetuti, come per una sorta di horror vacui, in una trascrizione meccanica, priva dell’originario contenuto (tralcio con grappoli d’uva e foglia di vite, tralcio d’edera, cerchi intrecciati, matasse, trecce, cauli e foglie lanceolate). Lo stile dei reperti, sia nell’ornato sia nelle scene che ospitano figure umane e animali variamente atteggiati, denuncia una resa scultorea piatta e sommaria improntata a un evidente geometrismo delle forme. La tipologia del capitello cubico schiacciato, pur essendo ampiamente diffusa in età altomedievale, denuncia negli esemplari in questione una forma e una misura ormai medievali; si può pertanto datare i capitelli tra i sec. XI e XII. All’XI secolo vanno attribuiti i capitelli della cripta, del tipo cubico schiacciato con smussature angolari, alcuni dei quali ospitano irregolari incisioni a denti di lupo, o a rombi graffiti. Si segnalano, all’esterno, il portale con arco a spessa ghiera e strombature interne concentriche, poggianti su semipilastri con semicolonnine laterali, sormontati da modanature e da una cornice decorata con un motivo a palmette stilizzate dritte e rovesce, e una lastra erratica con croce processionale e rosetta, rese a incisione.

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